Nell’urlo è la verità sussistente, servita all’uomo, a piccole dosi, nel tempo e nel tempo e poi, ancora, nel tempo, durante il trascorrere di tutti cicli, del giorno e della notte, dell’acqua e del fuoco.

L’urlo è la sublimazione della tavolozza nel cielo, cosparsa di correnti gravitazionali sanguigne nel retro di un processo ad effetto doppler che rende l’urlo stesso tanto dinamico quanto sordo, come l’inflazione cosmica che ha preceduto il resto degli eventi.

Circa 13,8 miliardi di anni di espansione continua; la stessa identica evoluzione fu ancor prima in frazioni di millesimi di secondo, quasi una raccolta di limiti dello zero, una sommatoria di tagli dell’istante durante l’inflazione che rettificò immediatamente gli eventi, ponendo omogeneità e uguaglianza in partenza.
Diversi fotoni oggi si raggiungono, incontrandosi dopo miliardi di anni, con la stessa temperatura corporea e senza che essi abbiano trovato nascita in tempi diversi.
E’ come la storia del DNA; a ritroso siamo tutti fratelli e responsabili di unioni in famiglia.

Fu l’origine di tutto, dove neanche il vuoto fu concesso, ma soltanto la possibilità di usufruire dello spazio e del tempo, vettori che riempivano le unità di coordinazione, costringendo lo spazio al piano, come una sfera infinitamente schiacciata ai poli, una logica “spaziopiattista”.

L’urlo è l’inflazione cosmica che precede il big bang, evento troppo longevo rispetto all’urlo, rispetto all’input, rispetto alla scintilla del dolore, come in una gravidanza e, infine, in un parto, circostanza della nuova vita che perpetua il riempimento del diagramma cartesiano con spazio e, ancora, tempo, molto tempo.
Per ogni bambino che nasce, la madre ripete le azioni della Natura. L’inflazione è nel padre, in un istante cosmico tutto quello che poi il big bang porterà con sé.
Siamo solo copie di copie di logiche abbondantemente già rodate e condivise.

Nell’urlo si percepisce l’assenza del suono e l’incapacità di sostenere una reazione vocale nello sconfinato spazio del dolore.
Immaginare di poter togliere il casco nello spazio siderale e, adesso, di provare a gridare, stringendosi il capo, chiudendo le orecchie e ascoltando l’infinito e assordante moto perpetuo.

La scena si svolge in una delle più critiche condizioni di smarrimento, prima nascoste dalla bolla intorno al capo, la stessa che l’uomo si crea continuamente per illudersi di controllo razionale, malamente posseduto e gestito.
E’ l’eco sordo dell’urlo il vero suono ricco di frequenze e somma di tutti i suoni, come la luce bianca per i colori e il nero per il loro rapimento prima del riscatto; forse è proprio questo il senso di una foto in bianco e nero.
L’anima dipinge il cielo secondo l’incidenza della radiazione spirituale con il sistema circostante, come avviene nella luce attraverso il diamante. I colori non esistono; esistono le interpretazioni degli indici di rifrazione.

Siamo minerali e poi rocce, in inesorabile erosione.

Siamo tumulti e terremoti, perché siamo sempre copie delle copie.

Immagino l’uomo camminare per un ponte di legno, alzare al cielo e alle sue stelle e, d’improvviso, togliere quel casco. Ecco nascere lo spazio siderale dentro un corpo, confinato e delineato.
In realtà nasce l’ombra, la foto del corpo in bianco e nero, la stessa che, in fondo, risiede nel corpo sdraiato, ove l’ombra, in contrapposizione, come mutua reazione, riposa silente, incessantemente.

Edvard Munch non fu astronauta, né fisico, ma fu vero uomo in orbita e la sua opera non è solo semplicemente angoscia e nascita, ma denuncia e consapevolezza, spirituale e fisica, del tempo attraversato e in attesa.

La distinzione tra scienza e umanesimo esiste nella misura dello spazio interconnesso, come un setto ideale, tra il corpo e l’anima.
Entrambe sono dedite alla conoscenza e spinte dalla curiosità di sapere.
Ragionare è filosofia e pertanto scienza razionale. La via empirica risale contro corrente, come il salmone nel fiume, verso la realtà fisica o dello spirito.

Non esiste uomo che non appartenga all’urlo.
Esistono uomini, in abbondanza, senza consapevolezza.

L’arte, se sintesi armonica dei saperi, è il coraggio di togliere il casco, la stoffa ai lati degli occhi, e affrontare un percorso di sola andata, nella quale i colori non hanno più senso come tali; divengono solo fotoni e onde elettromagnetiche provenienti dall’inflazione cosmica iniziale, per arrivare, dopo miliardi di anni, all’anima dell’individuo.

Benvenuti in inside a body.

Giovanni Paolo Amenta

16 Luglio 2020

Share:
error: Content is protected. Please, contact inside a body to get any content.
Don`t copy text!